Giappone: verso un progresso conservatore

di Federico Baccilieri

Il Giappone è sicuramente una nazione molto particolare, la sua storia è da sempre stata segnata da un conservatorismo di fondo che ha tenuto in piedi la nazione fino al 1945, quando gli americani iniziarono per la seconda volta il processo di apertura del sol levante unito ad una modernizzazione forzata.

Isolato dal mondo il Giappone ha sempre vissuto indisturbato dalle potenze straniere e ha potuto creare una cultura a sé, con tratti caratteristici di molti altri paesi asiatici, ma completamente unici. Basti pensare al ricchissimo e folkloristico mondo degli Yokai, spiriti e creature benevole o maligne che accompagnano l’uomo nella quotidianità, nascondendosi nei fiumi, nei laghi, nelle foreste o anche in giro per casa. Il legame con questi spiriti sarà sempre fortissimo nel Paese, che prende in maniera più che seria la sfera spiritica e spirituale, e che sarà una delle colonne portanti che andranno a costruire la cultura giapponese.

Yokai

Non essendo mai stato assoggettato a potenze straniere, poiché, strategicamente parlando, è definibile “la Britannia dell’Asia”, non ha mai dovuto reprimere la propria tradizione per una straniera, e il sentimento nazionalista ha potuto crescere sempre di più in un teatro feudale e pieno di guerre tra shogunati. 

Nel periodo delle grandi esplorazioni i primi ad avere un rapporto col Giappone furono gli olandesi, che iniziarono a tessere una rete commerciale. Si tentò anche qui di avvicinare i nativi al cristianesimo, ma i giapponesi non la presero per niente bene, iniziando una persecuzione verso i cristiani ed in contemporanea con l’inizio del periodo Edo.

Nel 1603, per ovviare a problemi di conquista e per affermare il debole potere imperiale la nazione si chiuse completamente al mondo, nessuno poteva uscire e nessuno poteva entrare. Solo gli olandesi mantennero i rapporti, commerciando nel porto di Nagasaki, ma nessun olandese poteva assolutamente mettere piede in Giappone.

L’arrivo del commodoro Perry

Il periodo Edo vacillò nel 1853, quando il commodoro Matthew Perry arrivò con le “navi nere” e costrinse il Paese ad aprirsi. Da allora il Giappone venne sommerso dalla cultura occidentale, e da qui iniziò quello strano processo di interesse e repulsione verso gli stranieri del vecchio continente. Questo interesse venne alimentato dal Bunmei-kaika (文明開化, l’illuminismo giapponese) che portò gli usi ei costumi stranieri, creando uno strano miscuglio per le strade di kimono e doppiopetto, geishe e dame di compagnie, maru gasa e bombette e così via. Il Giappone così si spaccò, abbracciando da un lato il modus operandi occidentale sul piano politico, industriale, militare; e quello giapponese sul piano delle tradizioni, della cultura e della mentalità. Risulta quasi una contaminazione, e questo mischiare così prepotentemente due culture totalmente diverse mise una serie di nuove colonne portanti alla nazione, che però fece vacillare l’equilibrio del neonato Giappone Meiji.

La dinastia Meiji iniziò nel 1868 e il suo imperatore, Meiji Tennō (明治天皇), abbracciarono completamente l’apertura occidentale, spingendo sempre più per acquisire i nuovi modelli che tanto sapevano di progresso ad una nuova generazione di giapponesi. Delegazioni di ambasciatori, scienziati e letterati vennero mandate per il mondo per studiare i metodi di produzione e le strategie militari europee, americane e russe. 

Trittico della prima guerra sino-giapponese

Il Giappone testa per la prima volta in Corea tra il 1894-1895, dando così inizio alla prima guerra sino-giapponese, che creerà tra le due nazioni un’ostilità che proseguirà per secoli. La Cina in poco tempo si arrende, ormai già dilaniata dalle potenze europee il Celeste Impero non può resistere. La Corea è ora giapponese.

Trittico della guerra russo-giapponese

1904, il mondo trema, il dragone si sveglia. Scoppia la guerra russo-giapponese, l’impero di Nicola II pensa che “una guerricciola col giappone” possa restaurare l’opinione pubblica riguardante lo zar. Il Giappone però sorprende la Russia e l’occidente: l’incremento della militarizzazione,  unita ad un forte  nazionalismo e la filosofia dell’onore dei samurai fanno sfondare ogni trincea russa ad ogni costo, divorando terreno e sfondando in Manciuria. Il governo russo deve arrendersi, l’impero giapponese si espande sempre più in Asia e finalmente inizia ad affermarsi tra le potenze mondiali.

Patto Tripartito di Gino Boccasile

Tra gli anni 10 e gli anni 30 il Giappone cambia di nuovo: la prima guerra mondiale ha dato al Giappone qualche isola tedesca nel pacifico, e sotto l’imperatore Hirohito ha inizio l’epoca Shōwa. La nazione aumenta la velocità nella sua corsa al progresso, cercando disperatamente di raggiungere gli standard europei in crescita continua. Con l’affermarsi del fascismo e del nazismo in Giappone si afferma anche un fervente nazionalismo che porta a parlare di dominio dell’Asia. Negli anni 30 inizia la seconda guerra sino-giapponese, e nel 1941 con l’attacco alla base Hawaiana di Pearl Harbour il Giappone entra nella seconda guerra mondiale. L’onore guida l’esercito per tutto il conflitto, i kamikaze giapponesi diventano il simbolo delle scelleratezze che i nipponici sono pronti a fare pur di vincere. Purtroppo per loro nemmeno 1000 kamikaze possono fermare due bombe atomiche, e dopo Hiroshima il 6 agosto e Nagasaki il 9, il Giappone firma la resa. Crolla l’impero, la figura imperiale perde l’accezione divina che aveva una volta, gli americani fino agli anni 50 occupano l’isola, il Giappone non ha più un esercito.

Kyoto, anni 60

Dal secondo dopoguerra la nazione cresce esponenzialmente economicamente, partecipando pienamente nel boom economico degli anni 60. Se si guardano i film Ghibli ambientati in questo periodo si noterà come il Paese sia cresciuto, moderno, ricco economicamente e occidentalizzato, ma dall’altra parte nelle persone rimane quello spirito tipico giapponese in netto contrasto con le influenze straniere.
Questo conflitto non è mai finito, i giapponesi sono legatissimi alla loro cultura, le loro tradizioni, i pensieri e i modi di fare tipici di una mentalità che hanno costruito in secoli di chiusura, ma che entrano  però in netto contrasto con quei valori modernisti, progressisti, aperti e giovanili che caratterizzano il mondo occidentale; a cui ambiscono volendo rimanere però nella tradizione.

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